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#DefendYourArt

DEFENDYOURART

#DefendYourArt: Cos’è

Con Defend Your Art vogliamo sensibilizzare l’opionine pubblica riguardo un tema importante e delicato come quello degli investimenti pubblici (e non) per la difesa e l’ulitizzo delle armi e, di contro, quello per l’arte, lo spettacolo e i beni culturali.

Il nostro obiettivo è dunque quello di far riconoscere pubblicamente l’importanza della cultura con misure attuative e non con facili proclami. Il tema degli investimenti in cultura viene difatti ampiamente abusato dalle diverse fazioni politiche al fine di ottenere il consenso di una parte dell’elettorato ma sono anni, decenni, che ogni manifesto si trasforma nell’ennesima promessa non mantenuta. Allo stesso tempo vorremmo puntare il dito contro quelle manovre che hanno portato a finanziare enormemente il ministero della difesa e non per aumentare gli stipendi dei numerosi dipendenti nelle forze dell’ordine ma per altre assurde iniziative. Più arte e meno guerre sarà il nostro motto e lo difenderemo costantemente, sottolineandone l’importanza per noi e per le nuove generazioni. Inoltre, lo dimostreremo con studi, statistiche, dati economici e riflessioni sul tema grazie al contributo di importanti autori e artisti che ci aiuteranno a capire ogni aspetto storico e politico.

Per riuscire nel nostro intento organizzeremo mostre, concerti, dibattiti, conferenze e altro che possa toccare nel profondo di pubblico e spettatori e quindi creare una consapevolezza comune riguardo l’importanza di dire stop ai finanziamenti per le armi così da investire quei soldi in cultura. Lanciamo dunque una campagna social con l’hashtag #DefendYourArt con il quale potrete inserire un vostro pensiero sulla guerra, le armi e il mondo dell’arte e della cultura in genere. I migliori saranno inseriti sulla nostra pagina web assieme a quelli degli artisti della BiennaleMArteLive e non solo!

Saggio introduttivo: Perché è giusto investire in cultura

Finanziare la cultura significa creare quel senso civico, quella conoscenza, e soprattutto coscienza, che ci aiuta a combattere il pregiudizio che si annida nell’idea distorta del concetto di diversità. Tutto ciò che non conosciamo ci spaventa provocando diffidenza e nutre col pane dell’ignoranza la parte più oscura presente all’interno di ognuno di noi. L’arte, nel suo immenso significato, ci insegna a scoprire e riconoscere la bellezza e disprezzare chi e cosa la distrugge.

Che gli occhi di questo mondo non conoscano più guerra è un pensiero che va aldilà dell’utopia ma di certo possiamo contribuire a far si che le armi, gli ordigni e le macchine di distruzione non siano più la risposta scontata ad uno scontro ideologico o di qualsiasi natura.

In un paese ideale il finanziamento alla cultura sarebbe un principio cardine e fondamentale per lo sviluppo di una società ricca moralmente, eticamente ed economicamente visti gli impatti positivi che più volte essa ha testimoniato di creare. Nello stesso paese, quello ideale, ci si difenderebbe con la dialettica, con programmi internazionali che aprono al dialogo, con un ministero che sia davvero di “difesa” e non di camuffato intervento. Quando leggiamo di milioni spesi per caccia super veloci, armi speciali, divise, sostegno armato ad altri paesi, dovremmo fermarci a riflettere. Il retaggio di un pensiero creduto antico sembra più vivo che mai: quello che, a pensarci bene, le guerre portano vantaggi e che in fondo è sempre stato così e non ha mai smesso di esserlo. Poi ci siamo noi, poveri ingenui che viviamo credendo sia una cosa lontana, remota, che appartiene ad un film in bianco e nero e che non ci sfiora più nemmeno quando le notizie di apertura dei tiggì non parlano d’altro. Mi spaventa la facilità con la quale una stessa persona possa oggi condividere l’immagine di un bimbo soldato nigeriano e quella di un gatto che insegue un gomitolo. Mi spaventa il fatto che il mio vicino in metro potrebbe non saper indicare l’Iraq o la Cambogia su di una mappa. Mi spaventa il perbenismo galoppante e che “in fondo è così che deve andare”. Mi spaventano le stragi di ragazzi nei college americani tanto quanto le decapitazioni dell’ISIS. Mi spaventa l’andamento del FUS, lo sciopero dell’orchestra all’ Opera di Roma, i crolli nei siti archeologici, i rimborsi UE finiti in tasche private e la mancanza assoluta di sdegno. Esatto, abbiamo perso lo sdegno, siamo ormai privi di quel sentimento di stupore nobile e raccapricciante che provoca immediato distacco e infervora i più virtuosi di fronte ad un ingiustizia palese. È come aver appiattito l’onda dei sentimenti sociali portandoci a vivere in un costante livello di mediocrità nel quale ci si stupice, sì, ma poco. Riprendiamoci allora il nostro bagaglio culturale, svegliamo le giovani menti e doniamo loro i mezzi necessari per fare le scelte fondamentali del loro futuro. Investiamo in cultura, disintegriamo le guerre.